Figura singolare nel panorama del design italiano degli ultimi trent’anni,
Rodolfo Bonetto (1929-1991), abbandona una fortunata carriera di batterista
jazz con il famoso “Sestetto Italiano” per dedicarsi alla nuova professione.
Autodidatta, caratteristica non comune nel panorama italiano, è tanto orientato
alla prassi progettuale da fornire un contributo non indifferente
all’insegnamento del design industriale alla Hochschule für Gestaltung di Ulm
e, in seguito, all’Isia di Roma.
Dotato di grande talento gusto e capacità per il disegno tecnico, inizia a
lavorare come collaboratore per la Veglia Borletti, disegnando strumentazioni
per automobili (una grande passione: di quegli anni sono i primi schizzi di
carrozzerie per Vignale, Viotti e Boneschi), per poi lavorare in numerosi e
diversi campi industriali,
quelli di cui normalmente non si considera –
essenziale – l’intervento del designer: progetta elettrodomestici, orologi,
telefoni, calcolatori elettronici, scarponi da sci, laser chirurgici, macchine
utensili, lampade…
Di tutte queste tipologie, è sempre la componente tecnica quella che più lo
appassiona, una peculiarità che lo distingue dalla maggioranza dei designer
italiani, per tradizione più vicini al mondo dell’arredamento. Il suo rapporto
con la Olivetti è stato tra i più intensi e professionalmente stimolanti: per
la casa di Ivrea progetta complesse macchine utensili che modificano la
fisionomia dell’ambiente di fabbrica. Altrettanto importante la collaborazione
con Fiat per la quale disegna molti interni di auto di grande successo e che
oggi sono patrimonio storico del marchio Bonetto Design. .
Operaio colto", come ebbe a definirlo V.
Gregotti, ha saputo coniugare una conoscenza delle tecnologie produttive e dei
materiali con valenze ergonomiche e di corretta ricerca " Docente alla
Hochschule für Gestaltung di Ulm (1961-1965), è stato insignito di sei Compasso
d’Oro, per oggetti come la sveglia Sfericlock (Veglia Borletti, 1963); la
macchina utensile a controllo numerico O.C.N. (Olivetti, 1967); l’apparecchio
automatico per microfilm (BCM, 1970); l’interno per la 131 Supermirafiori
(Fiat, 1978). Tra il 1972-75 progetta, con N. Matsunaga, il centro di
lavorazione Horizon 2 (Olivetti) sino alla centrale polifunzionale Wiz (1981).
Autore del motore Fire (1984) per Fiat, di Rotor, telefono pubblico Sip (1989),
e del meccanismo di apertura automatico per cancelli Cross 6 (Novotecnica), è
stato membro di giurie nazionali e internazionali e presidente dell’Icsid dal
1981 al 1983.
Bonetto è l’unico designer italiano che non abbia
mai firmato progetti di architettura, da sempre esclusivamente interessato alla
produzione in serie. Dopo la sua morte, gli è stato dedicato il Compasso d’Oro
1991 alla memoria per il complesso della sua attività, che oggi continua con lo
studio Bonetto Design, coordinato dal figlio Marco, il quale, nel 1994, fonda a
Montecarlo il Bonetto Design Center in memoria del padre, centro di idee e
servizi per i nuovi territori del design
Fonte:
www.fratelliguzzini.it
http://bonetto-design.com/
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